Io decido per me!
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La donna protagonista della propria esperienza

“Libertà di scelta” e “diritto di informazioni” sono parole estremamente usate e rivendicate in molteplici ambiti, compreso quello sanitario. Ma siamo davvero sicuri che sotto questi slogan moderni si celi una profonda consapevolezza?!

Com’è possibile porsi al centro di una scelta quando la parola d’ordine è delega? Delegare significa subire, far sì che qualcun’altro decida per noi, e questo, omologa e standardizza i processi, di qualunque natura essi siano.

Anche in ambito ostetrico si è assistito a questo graduale inquadramento. Infatti, le pratiche assistenziali in vigore oggi sono quelle operatore-centriche in cui la donna diventa un oggetto da controllare e tutelare. Alla base di questo processo troviamo il modello medico, orientato alla patologia, i cui strumenti cardine sono la diagnosi e la terapia. Gravidanza e parto, quindi, sono considerati eventi potenzialmente rischiosi da trattare e donna e bambino sani devono dimostrare, sottoponendosi a numerosi esami, di non avere nessuna patologia. In quest’ottica si assiste spesso ad una patologizzazione di gravidanza e parto e alla riduzione della donna a paziente.

In questa condizione l’operatore è detentore del sapere, è colui che prende le decisioni ed è a lui che vengono affidate tutte le responsabilità.

Alternativa a questo modello si pone la Midwifery, che si occupa in primo luogo di donne e bambini sani ed è orientata alla salute. I suoi strumenti principali sono i segni di salute rilevabili attraverso l’osservazione clinica delle funzioni fisiologiche. L’ostetrica viene identificata come la professionista specifica e di riferimento per il percorso della maternità e per la salute della donna in tutti i cicli della sua vita; è lei che lavora profondamente con la coppia per creare le opportunità di libertà, di autonomia e di scelta.

L’approccio ostetrica-specifico fonda le sue radici su quattro punti:
1. Continuity of care: la continuità dell’assistenza è una forma organizzativa che permette di superare la segmentazione degli interventi e di offrire alle donne un’assistenza unitaria, che rispetti il ritmo personale e l’unione madre-bambino. Questa organizzazione permette, inoltre, all’ostetrica di verificare gli effetti a medio e lungo termine del suo operato e di acquisire una prospettiva nel tempo, una visione d’insieme in grado anche di prevenire i rischi. Infine, vi è un’educazione alla salute, la creazione di uno spazio per attivare le risorse endogene delle donne.
2. Control of woman: il protagonismo della donna. Per essere protagonista dell’esperienza della gravidanza e della nascita, la donna deve essere innanzitutto protagonista di se stessa e ciò implica un riavvicinamento al proprio corpo, alla propria capacità di ascoltarsi e di ascoltare il proprio bambino, conoscendo le proprie risorse e difficoltà.
3. Woman centred care: l’assistenza personalizzata si basa sull’unicità di ogni essere umano, di ogni maternità e sull’individuazione dei bisogni specifici.
4. Choice: la scelta. Non si tratta della scelta basata su quell’informazione che si limita spesso a un elenco di possibili rischi, ma significa avvicinare la donna a un processo decisionale, la cui prima implicazione è quella di porsi delle domande. Questo porta a non accettare a priori la strada tracciata dalla maggioranza, ma aprirsi a un conflitto tra il proprio istinto sociale e quello individuale. Si entra, quindi, in una crisi, in un conflitto la cui risoluzione avviene attraverso la presa di coscienza delle due polarità (sociale e individuale) e la possibilità di integrarle in modo consapevole.

In linea con questo tipo di approccio, l’ostetrica non è più figura attiva e propositiva davanti alla donna (centralità dell’operatore), ma assume un atteggiamento ricettivo, in grado di accogliere quello che c’è e di essere un punto di riferimento per la triade madre-padre-bambino.

Concludendo, si può affermare che tra la donna e l’ostetrica si crea una “relazione maieutica”, che rappresenta per l’operatore lo strumento più appropriato per aiutare la donna a mettersi in ascolto dei suoi bisogni profondi e a esprimerli, senza giudizi e senza censure; in questo modo la donna viene messa al centro della sua esperienza promuovendo l’attivazione del suo senso di responsabilità verso se stessa e il proprio bambino e favorendo la fiducia in se stessa come portatrice di coerenza e competenza.

Tutto questo è il modello della Midwifery (fisiologico-salutogenico) capace di offrire tanto alla donna quanto all’operatore la possibilità di crescere socialmente, individualmente e professionalmente e in grado di generare salute.

A cura di Silvia Mori – Ostetrica

Bibliografia

“Salute e nascita. La salutogenesi in gravidanza” di Verena Schmid – Urra editore.

Rivista D&D n°69, giugno 2010 “La donna al centro. Implicazioni per la pratica” – Scuola Elementale di Arte Ostetrica.

Rivista D&D n°79, dicembre 2012 “Il valore dell’accoglienza” – Scuola Elementale di Arte Ostetrica.

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